Un po ' di storia dei 7 vizi capitali..
- Lara Ferrari
- 21 apr 2022
- Tempo di lettura: 1 min

Tutti noi associamo i sette peccati capitali al grande Dante Alighieri con la sua Divina Commedia, ma non è stato l’unico scrittore ad averne parlato.
L'elenco dei 7 peccati capitali fu elaborato per primo in assoluto da un monaco asceta, Evagrio Pontico, intorno alla seconda metà del 300 d. c. In realtà Evagrio con questo suo primo elenco descrisse 8 peccati capitali e non 7, includendo la tristezza e la "vanagloria" (ovvero la vanità, l’eccessivo orgoglio di sé) ed escludendo invece l'invidia.
Ma vediamo insieme come da otto peccati poi si è passati ai famosi sette.

Fu il papa Gregorio Magno a trasformare poi questo primo elenco creato da Evagrio, mettendo a punto un settenario affermatosi concretamente dopo il Concilio Lateranense IV (1215). Questo concilio imponeva ai fedeli l’obbligo della confessione annuale e perciò possiamo dedurre la necessità di una precisa classificazione dei peccati.
Perché il numero sette? Beh, sette sono le virtù principali, i doni dello spirito santo, sette le richieste del Padre Nostro, le beatitudini, etc. e prevalse sul sistema ottonario.
Nella letteratura (nel 1847) il romanziere francese Eugène Sue, scrisse “Les sept péchés capitaux” (I Sette peccati capitali), pubblicati a puntate sui giornali dell’epoca, che diede il via al cosiddetto romanzo d’appendice, un tipo di romanzo popolare che descrive la realtà sociale - anche cruda e spiacevole - della Francia ottocentesca.
Ogni vizio aveva un suo personaggio emblematico presente già nel titolo...possiamo immaginare come l’intento dell’autore fosse sociale e progressista; il romanzo raggiunse una vastissima popolarità e divenne fonte di ispirazione per molti altri autori, non solo francesi.

Comments